Il cambiamento climatico sta modificando in modo silenzioso ma profondo l’equilibrio degli ecosistemi montani. Uno studio recente condotto da Michael Zehnder, biologo presso lo SLF – Istituto per lo studio della neve e delle valanghe in Svizzera, rivela che, rispetto a 25 anni fa, la primavera in montagna arriva mediamente sei giorni prima. Il fenomeno è legato al progressivo anticipo dello scioglimento del manto nevoso e all’aumento della temperatura media registrata subito dopo.

“La temperatura subito dopo lo scioglimento della neve è aumentata di quasi 2 °C in 25 anni,” ha spiegato Zehnder. “Questo anticipo accelera la crescita delle piante e rimodella profondamente la biodiversità alpina.”
Un nuovo calendario per la montagna: i dati raccolti in 25 anni
Lo studio si basa sull’analisi dei dati raccolti tra il 1998 e il 2023 da 40 stazioni meteorologiche IMIS (Sistema Intercantonale di Misurazione e Informazione) distribuite tra i 1.700 e i 2.700 metri di altitudine. Queste stazioni sono dotate di sensori a ultrasuoni capaci di misurare la profondità della neve in inverno e di rilevare l’inizio della crescita vegetale in estate, grazie a modelli di machine learning addestrati per distinguere la neve dal fogliame.
I dettagli del progetto sono disponibili sul sito ufficiale del WSL – Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (do-follow).
Le piante rispondono al calore, ma non tutte allo stesso modo
Il riscaldamento accelerato non agisce in modo uniforme sulla flora alpina. Alcune specie reagiscono alla temperatura, iniziando a crescere appena il terreno si libera dalla neve. Altre, invece, rispondono a stimoli fotoperiodici, cioè alla lunghezza del giorno. Questo crea una dinamica differente soprattutto nelle zone prossime al limite degli alberi, intorno ai 2.000 metri di quota, dove le comunità vegetali alpine cominciano a mostrare una nuova gerarchia ecologica.
“Con l’aumento della temperatura e il precoce scioglimento della neve, le specie che reagiscono al calore potrebbero prevalere su quelle che si affidano alla durata del giorno,” osserva Zehnder.
Secondo gli esperti, ciò potrebbe alterare la composizione delle specie alpine, favorendo alcune piante a discapito di altre, con potenziali effetti a cascata sull’intero ecosistema, dalla microfauna agli impollinatori.
Dati da remoto, ma verifiche sul campo a piedi
Sebbene i sensori offrano una grande quantità di dati climatici e fenologici, il biologo ha comunque dovuto recarsi di persona in montagna, a piedi, per inventariare la vegetazione presente sotto ciascuna stazione. Questo passaggio è cruciale per validare i modelli digitali e comprendere quali specie rispondono come al cambiamento.
Impatto sull’ambiente, sull’economia e sul turismo alpino
Il cambio di calendario stagionale ha implicazioni anche sul piano economico. L’inizio anticipato della primavera può:
- Modificare i tempi di pascolo e l’organizzazione della transumanza;
- Accorciare la stagione sciistica nelle aree di media altitudine;
- Trasformare l’offerta turistica legata alle escursioni e alla fioritura alpina;
- Alterare i ritmi agricoli in zone montane e prealpine.
Come segnalato anche da Euronews Green (do-follow), gli effetti del riscaldamento globale sui climi montani stanno diventando sempre più visibili e urgono strategie di adattamento locali.
Conclusioni: il clima riscrive le regole della montagna
Il lavoro di Michael Zehnder dimostra come il cambiamento climatico stia rimodellando gli ecosistemi alpini in modo tangibile. Non si tratta solo di un anticipo nei fiori o nelle escursioni, ma di un mutamento profondo dei cicli biologici e delle interazioni tra specie. Capire quali saranno le piante “vincitrici” e quelle “perdenti” è fondamentale per preparare strategie di conservazione efficaci nei prossimi decenni.

Giornalista e analista, scrive di economia italiana, innovazione e imprese. Appassionato di tecnologia e finanza, racconta il presente e il futuro delle aziende che fanno muovere il Paese.