Cripto e NFT: il valore è nei numeri tondi, non nei dati

Agenda Digitale

Nel mondo della finanza tradizionale, il valore di un’azione o di un’obbligazione si basa su dati concreti: bilanci, flussi di cassa, dividendi, rating. Ma cosa succede quando si investe in strumenti privi di fondamentali economici, come criptovalute e NFT (token non fungibili)? In questi casi, la percezione soggettiva e la psicologia dei numeri tondi diventano i principali motori delle valutazioni.

Cripto e NFT: il valore è nei numeri tondi, non nei dati

Un mondo senza dividendi né bilanci

Criptovalute e NFT continuano ad attirare milioni di investitori in tutto il mondo, anche in assenza di indicatori economici tradizionali. Non offrono dividendi, non pagano interessi, e spesso non rappresentano alcun asset reale. Ciò che li muove è la domanda, la rarità percepita e il desiderio di rivendita a un prezzo maggiore.

Secondo uno studio pubblicato da Samuel Rosen e Christophe Spaenjers, intitolato “Trading in Round Numbers” (Harvard Business School, 2023), esiste una forte tendenza nei mercati speculativi a fissarsi su numeri tondi. Ad esempio, nei mercati NFT basati su Ethereum, le transazioni si concentrano attorno a cifre come 0,1 ETH, 0,2 ETH, 0,3 ETH, indipendentemente dal valore intrinseco del bene digitale.

“Quando non esiste un valore fondamentale di riferimento, gli investitori si affidano a euristiche semplici come i numeri tondi,” spiegano i ricercatori.


Psicologia e speculazione: il vero motore del mercato NFT

Lo studio mostra che:

  • Il 64% degli annunci su piattaforme NFT utilizza numeri tondi;
  • Il 74% delle offerte segue la stessa logica;
  • Ben il 77% delle transazioni avviene a prezzi “esteticamente familiari”, spesso multipli di 0,1 o 1 ETH.

In altre parole, il prezzo diventa un’ancora psicologica più che un parametro oggettivo. Il fenomeno non è esclusivo delle criptovalute, ma è molto più marcato rispetto a mercati regolamentati, come quello azionario o valutario, dove esistono modelli di valutazione più strutturati.

Come conferma anche Bloomberg, la “price anchoring bias” è uno degli effetti cognitivi più ricorrenti nel trading retail, e nei mercati digitali questa tendenza si amplifica.


Nessun valore produttivo, solo potenziali venditori

Una delle caratteristiche più controverse degli NFT e di molte crypto-meme è che non generano valore produttivo. Non rappresentano quote societarie né diritti su utili futuri. La logica dell’acquisto è quindi interamente speculativa: acquistare a 0,1 ETH per rivendere a 0,2 ETH.

In assenza di fondamentali, l’unico obiettivo è trovare un acquirente disposto a pagare di più, come in un gioco musicale in cui tutti ballano finché la musica suona, ma nessuno vuole essere l’ultimo rimasto con il token in mano.


Esempi concreti e rischi sistemici

Secondo CoinDesk, il valore medio di un NFT nel 2024 è sceso di oltre il 90% rispetto ai picchi del 2021. Alcune collezioni, come Bored Ape Yacht Club, hanno visto un crollo del prezzo base da oltre 400.000 dollari a meno di 40.000. Tuttavia, anche in questo contesto di mercato ribassista, le trading zone restano centrate su prezzi tondi, confermando che il comportamento degli investitori è ancora guidato da logiche non razionali.


Conclusione: tra illusione di valore e dinamiche sociali

Il mercato delle criptovalute e degli NFT è una manifestazione estrema della speculazione finanziaria moderna, dove la fiducia, la viralità e la psicologia collettiva contano più dei dati. In questo contesto, i numeri tondi diventano punti di riferimento emozionali, più che indicatori di valore reale.

Per questo, prima di investire in questi asset digitali, è fondamentale capire i meccanismi psicologici alla base del mercato, accettando che in assenza di fondamentali, il valore è ciò che gli altri sono disposti a credere — fino a quando non smettono di farlo.


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