L’economia circolare non è solo una moda sostenibile: è una necessità che sempre più realtà italiane stanno abbracciando. Ma chi sono davvero i protagonisti di questo cambiamento silenzioso, concreto, che parte dal basso e arriva fino in alto?

Le menti dietro il cambiamento: tra pubblico e privato
Dietro la spinta dell’economia circolare in Italia non c’è solo una strategia governativa, ma un’alleanza insolita tra istituzioni, imprese innovative e cittadini consapevoli.
Tra gli attori principali spicca ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Coordinatore della Piattaforma Italiana per l’Economia Circolare, ENEA guida progetti di ricerca e supporta imprese nel ripensare i loro modelli produttivi. Il suo lavoro? Tradurre la teoria in azioni misurabili.
A livello ministeriale, il MITE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) ha integrato i principi dell’economia circolare nel PNRR, con investimenti per oltre 2,1 miliardi di euro destinati a impianti di riciclo e infrastrutture verdi (Fonte: MASE.gov.it, 2024). Non è un dettaglio da poco.
Ma il cambiamento non è top-down: Comuni e Regioni giocano un ruolo sorprendentemente attivo. Milano, per esempio, ha avviato sistemi di raccolta differenziata tra i più efficienti d’Europa, con un tasso di riciclo del 62% (dati ISPRA 2023).
E poi ci sono le imprese.
Startup, cooperative e… supereroi della spazzatura
Il cuore pulsante dell’economia circolare? Spesso batte in piccoli capannoni industriali o nei laboratori delle startup. Realtà come Greenrail (che produce traversine ferroviarie da plastica riciclata e gomma) o Orange Fiber, che trasforma gli scarti delle arance siciliane in tessuti sostenibili, sono esempi brillanti di innovazione italiana.
E se vi dicessimo che anche le cooperative sociali sono tra i promotori più attivi? Organizzazioni come Reuse Italy o Rete ONU (Operatori dell’Usato) danno nuova vita agli oggetti, creano lavoro e riducono gli sprechi.
In questo scenario, i cittadini diventano attori consapevoli. L’adozione crescente di app per lo sharing di oggetti o l’acquisto di prodotti ricondizionati indica una mentalità in mutazione. Non si tratta solo di “fare la raccolta differenziata”, ma di ripensare il valore di ciò che possediamo.
Ed è qui che l’Italia sorprende: un Paese ricco di tradizione, che torna alle sue radici artigiane per inventarsi un futuro più pulito.
L’economia circolare: moda passeggera o nuovo Rinascimento?
Nonostante gli sforzi, il cammino è ancora lungo. Secondo l’indice di circolarità elaborato da Circularity GAP Report 2024, l’Italia si attesta su un tasso del 28%, superiore alla media UE (circa 12%), ma ancora distante da un sistema pienamente rigenerativo.
Le sfide? Burocrazia, resistenze culturali, mancanza di infrastrutture. Ma anche opportunità enormi, in termini di posti di lavoro e competitività. Secondo il rapporto Symbola 2024, l’economia circolare potrebbe generare oltre 540.000 nuovi occupati entro il 2030.
In poche parole: non si tratta solo di salvare il pianeta. Si tratta di reinventare il nostro modo di vivere, lavorare e produrre. Con creatività. Con coraggio. E, soprattutto, insieme.
Conclusione
L’economia circolare in Italia è un mosaico in movimento, fatto di enti pubblici, startup coraggiose, cooperative, amministrazioni locali e cittadini sempre più coinvolti. Un intreccio di forze diverse che, pur con qualche intoppo, sta cambiando le regole del gioco.

Giornalista e analista, scrive di economia italiana, innovazione e imprese. Appassionato di tecnologia e finanza, racconta il presente e il futuro delle aziende che fanno muovere il Paese.