La valutazione del rischio non è una formalità, è una responsabilità. Ignorarla può sembrare una scorciatoia, ma spesso è l’inizio di problemi ben più seri — per la sicurezza, per l’azienda, per la legge. In questo articolo esploriamo cosa succede davvero quando si ignora questo obbligo. Spoiler: non è solo una multa.
Valutazione del rischio: un obbligo, non un optional
Cosa si intende, prima di tutto, per valutazione del rischio?
È il documento che ogni datore di lavoro deve redigere per identificare i potenziali pericoli in azienda e adottare le misure per prevenirli. In Italia, è obbligatoria per legge (art. 17 del D.Lgs. 81/2008).
Saltarla non significa solo trascurare la burocrazia, ma mettere in gioco la sicurezza delle persone e l’integrità dell’organizzazione. Senza questa valutazione, non esistono linee guida interne, non si conoscono i pericoli, non si pianificano le emergenze.

Secondo l’INAIL, oltre il 60% degli infortuni gravi sul lavoro si verifica in aziende che non hanno applicato correttamente le misure di prevenzione, spesso legate a valutazioni incomplete o assenti.
E se pensi che sia solo una questione per i grandi stabilimenti industriali, ti sbagli. Anche un piccolo ufficio, un laboratorio artigianale, persino una scuola o una farmacia, sono soggetti allo stesso obbligo.
Sanzioni, rischi e… conseguenze reali
Quando l’omissione diventa un problema (serio)
Non effettuare la valutazione del rischio espone l’azienda e il datore di lavoro a:
- Sanzioni penali e amministrative: si parte da multe che superano i 5.000 €, fino ad arrivare alla reclusione fino a 8 mesi nei casi più gravi.
- Sospensione dell’attività: l’Ispettorato può sospendere l’attività lavorativa se rileva l’assenza del DVR.
- Responsabilità civile in caso di infortunio: se accade un incidente e manca il documento, il datore di lavoro risponde personalmente, anche con il proprio patrimonio.
Non è allarmismo. È ciò che prevede il sistema normativo.
La Cassazione Penale, Sez. IV, Sent. 17070/2020, ha confermato la responsabilità penale di un datore di lavoro per non aver valutato correttamente il rischio specifico che ha portato a un infortunio.
Ma c’è di più. La mancata valutazione crea un vuoto: nessuno sa davvero cosa fare in caso di emergenza, nessuno ha ricevuto formazione adeguata, nessuno si prende cura della prevenzione. Un’azienda, in queste condizioni, cammina sul filo del rasoio.
Ma quindi… vale la pena rischiare?
No, non vale. Anche se la tentazione di risparmiare tempo o denaro può essere forte, la valutazione del rischio è un investimento, non una perdita. Serve a costruire consapevolezza, protezione e… a prevenire guai. Grandi guai.
Pensala come la cintura di sicurezza: spesso non la noti, finché non serve davvero. E quando serve, può fare la differenza tra un danno e una tragedia evitabile.
Conclusione
Saltare la valutazione del rischio è come ignorare il check-up del medico: può andare tutto bene per un po’, finché non succede qualcosa.
E quando succede, è tardi.

Giornalista e analista, scrive di economia italiana, innovazione e imprese. Appassionato di tecnologia e finanza, racconta il presente e il futuro delle aziende che fanno muovere il Paese.