L’usufrutto, quel diritto che permette di godere di un immobile senza possederlo, non è eterno. Esistono circostanze precise, definite dalla legge, in cui l’usufruttuario perde ogni diritto, con conseguenze dirette per il nudo proprietario che riacquista la piena disponibilità del bene. La perdita del diritto di usufrutto avviene principalmente per cause naturali come la morte dell’usufruttuario, ma anche per inerzia o gravi inadempienze. Comprendere queste dinamiche è fondamentale per evitare spiacevoli sorprese e tutelare il proprio patrimonio immobiliare.
Questo meccanismo tutela il nudo proprietario da abusi e negligenza, garantendo il ritorno della piena proprietà in casi specifici.

Che cos’è l’usufrutto e come funziona?
Prima di addentrarci nei casi di estinzione, è utile rinfrescare il concetto. L’usufrutto è un diritto reale di godimento su un bene altrui, disciplinato dagli articoli 978 e seguenti del Codice Civile. Chi detiene l’usufrutto (l’usufruttuario) ha il diritto di utilizzare l’immobile e di trarne i frutti (ad esempio, affittandolo), ma ha anche il dovere di non alterarne la destinazione economica e di conservarlo con la diligenza del buon padre di famiglia. Dall’altra parte, il nudo proprietario mantiene la “proprietà” delle mura, ma spogliata del diritto di godimento, in attesa che l’usufrutto si estingua per riacquistare la piena proprietà.
Questo diritto è sempre temporaneo: per una persona fisica, non può eccedere la durata della sua vita; per una persona giuridica (come una società o un ente), il limite massimo è fissato a 30 anni.
Quando scade naturalmente il diritto di usufrutto?
Il caso più comune e inequivocabile di estinzione dell’usufrutto è la morte dell’usufruttuario. Questo diritto, infatti, è strettamente legato alla persona del suo titolare e non può essere trasmesso agli eredi tramite successione. Alla morte dell’usufruttuario, il diritto si estingue automaticamente e la nuda proprietà si “consolida”, trasformando il nudo proprietario in pieno proprietario.
Un’altra causa naturale di estinzione è la scadenza del termine, qualora l’usufrutto sia stato costituito per un periodo di tempo determinato (ad esempio, 20 anni). Allo scoccare del termine pattutito nell’atto costitutivo, l’usufrutto cessa di esistere.
È possibile perdere l’usufrutto per non utilizzo?
Sì, ed è un’ipotesi spesso sottovalutata. Il Codice Civile, all’articolo 1014, prevede l’estinzione dell’usufrutto per “prescrizione per effetto del non uso durato per venti anni”. Se l’usufruttuario non esercita in alcun modo il suo diritto sull’immobile per un periodo continuativo di vent’anni – non vi abita, non lo affitta, non ne percepisce i frutti, in sostanza se ne disinteressa completamente – perde il suo diritto.
Questo meccanismo sanziona l’inerzia del titolare del diritto, premiando l’interesse del nudo proprietario a veder consolidata la sua proprietà. Per il nudo proprietario, sarà sufficiente dimostrare il mancato utilizzo prolungato per poter chiedere al giudice una sentenza che dichiari l’estinzione del diritto.
Cosa succede se l’usufruttuario danneggia l’immobile?
Qui entriamo nel campo dell’abuso del diritto, una delle cause più gravi di perdita dell’usufrutto, regolata dall’articolo 1015 del Codice Civile. L’usufruttuario ha il dovere di mantenere l’immobile in buono stato, occupandosi della manutenzione ordinaria. Se viene meno a questi obblighi in modo significativo, il nudo proprietario può intervenire.
L’usufrutto può cessare per abusi quali:
- Deterioramento grave: quando l’usufruttuario provoca danni materiali importanti all’immobile.
- Perimento per mancanza di manutenzione ordinaria: se l’immobile viene lasciato andare in rovina a causa della totale incuria dell’usufruttuario. Ad esempio, la mancata riparazione di un tetto che causa infiltrazioni e danni strutturali.
- Alienazione non consentita: se l’usufruttuario tenta di vendere la piena proprietà del bene, atto che non può compiere.
In questi casi, non si tratta di una decadenza automatica. Il nudo proprietario deve rivolgersi a un giudice, il quale, valutata la gravità della situazione, può ordinare la cessazione dell’usufrutto. L’autorità giudiziaria ha comunque un certo margine di discrezionalità e, a seconda delle circostanze, potrebbe disporre misure meno drastiche, come imporre all’usufruttuario di prestare una garanzia o porre l’immobile sotto amministrazione controllata.
Altri casi di estinzione dell’usufrutto
Esistono altre situazioni, meno frequenti ma altrettanto importanti, che portano alla fine di questo diritto:
- Consolidazione: Si verifica quando la figura dell’usufruttuario e del nudo proprietario si riuniscono nella stessa persona. Ad esempio, se il nudo proprietario acquista il diritto di usufrutto, o viceversa.
- Rinuncia: L’usufruttuario può decidere volontariamente di rinunciare al suo diritto. La rinuncia, per essere valida, deve essere formalizzata con un atto pubblico redatto da un notaio e trascritta nei registri immobiliari.
- Totale perimento del bene: Se l’immobile oggetto di usufrutto viene completamente distrutto (ad esempio, a causa di un crollo, un incendio o un terremoto), il diritto si estingue. Se il perimento è solo parziale, l’usufrutto si conserva sulla parte residua del bene.
Obblighi di manutenzione: chi paga cosa?
Una fonte comune di conflitto tra usufruttuario e nudo proprietario riguarda la ripartizione delle spese. La legge è chiara:
- Usufruttuario: È a suo carico la manutenzione ordinaria, ovvero tutti quegli interventi necessari per conservare il bene in buono stato (riparazione di infissi, tinteggiatura, manutenzione degli impianti). Paga inoltre le imposte sul reddito (come l’IRPEF derivante da un eventuale affitto) e l’IMU.
- Nudo Proprietario: A suo carico sono le spese di manutenzione straordinaria, cioè quelle che non sono prevedibili e che riguardano la struttura dell’edificio (rifacimento del tetto, consolidamento delle fondamenta, sostituzione della caldaia).
Tuttavia, se la riparazione straordinaria si rende necessaria a causa dell’inadempimento dell’usufruttuario ai suoi obblighi di manutenzione ordinaria, la spesa ricade su quest’ultimo.
Domande Frequenti (FAQ)
1. L’usufrutto può essere venduto a un’altra persona? Sì, l’usufruttuario può cedere il proprio diritto a terzi, a meno che non sia espressamente vietato dall’atto costitutivo. Tuttavia, il diritto si estinguerà comunque alla morte del primo usufruttuario (il cedente), e non del nuovo acquirente. Questa limitazione ne rende la vendita poco comune.
2. Se l’usufruttuario muore, i suoi eredi possono continuare a vivere nella casa? No, il diritto di usufrutto non si trasferisce per successione. Alla morte del titolare, il diritto si estingue immediatamente. Gli eredi dell’usufruttuario non hanno alcun diritto sull’immobile e devono lasciarlo libero, a meno che non raggiungano un nuovo accordo con il pieno proprietario (ad esempio, un contratto di locazione).
3. Cosa deve fare il nudo proprietario alla morte dell’usufruttuario? Alla morte dell’usufruttuario, il nudo proprietario deve presentare una domanda di voltura catastale all’Agenzia delle Entrate per registrare l’avvenuta “riunione di usufrutto”. Questo atto formale aggiorna l’intestazione dell’immobile, che risulterà così in piena proprietà, ed è necessario per la corretta attribuzione delle imposte come l’IMU.
4. Chi paga le spese condominiali in caso di usufrutto? Le spese condominiali ordinarie, relative alla gestione e manutenzione delle parti comuni, sono a carico dell’usufruttuario. Le spese straordinarie, deliberate dall’assemblea per interventi di grande portata (es. rifacimento facciata), sono invece di competenza del nudo proprietario.

Giornalista e analista, scrive di economia italiana, innovazione e imprese. Appassionato di tecnologia e finanza, racconta il presente e il futuro delle aziende che fanno muovere il Paese.